Dalla parola pharmakon alle dr0ghe invisibili
(https://www.youtube.com/watch?v=AiMbf0ovXT4) Notification Sound
Le notifiche possono diventare potenzialmente dannose per la nostra mente?
(https://www.youtube.com/watch?v=M_DoUUEgp3Y) Mario Level UP
E i videogiochi possono creare dipendenza? Come possiamo trovare il giusto equilibrio?
Il designer contemporaneo Riccardo Falcinelli ci dice: Se ci preme comunicare, non tutto è possibile. Siamo dentro a un sistema culturale, dobbiamo tenerne conto. Eppure, proprio perché ci viviamo immersi, finiamo per dimenticarci della natura di certe forme, credendole cose naturali. Per capire i codici allora non basta usarli, ma serve chiedersi cosa li ha prodotti, risalendo alle loro storie. (Falcinelli 2014, p.145)
Per rispondere alle domande poste in precedenza, dovremmo ritornare nel passato o, più precisamente, in Grecia dove tali interrogativi venivano già indagati attraverso lo studio delle piante dotate di effetti psicoattivi. Se da una parte Ippocrate e Galeno avevano trovato in queste sostanze una cura utile per rinvigorire e curare i loro concittadini, Teofrasto, un filosofo di quell’epoca, iniziò a introdurre una nuova logica legata alla somministrazione: la posologia. Dal libro “Piccola storia delle droghe” del sociologo Escohotado leggiamo: “Si somministra una dracma se il paziente deve solo essere rinvigorito e deve pensare bene di se stesso; il doppio se deve delirare e deve soffrire di allucinazioni; il triplo se deve diventare pazzo permanentemente; si somministrerà una dose quadrupla se deve morire.” (Escohotado 1997, p. 21)
Il discepolo di Aristotele, in poche parole, aveva descritto la doppia valenza dei medicinali: essi possono divenire dei veri e propri veleni in base alle quantità assunte.
Per questo, sempre lo stesso sociologo ci fa notare che “la parola greca per indicare la droga sia phàrmakon” (Eschotado 1997, p. 12) la quale indica sia degli effetti potenzialmente positivi che negativi sul nostro organismo. Infatti, ritornando al presente, tale ragionamento ci fa venire in mente che la lingua inglese mantiene ancora la parola “drug” per identificare contemporaneamente i farmaci e le droghe, abitudine curiosamente scomparsa in Italia dove sembra esaltarsi solo l’effetto curativo.
Tale dimenticanza, però, ci fa ricordare il libro del Fedro di Platone dove il filosofo racconta il dialogo fra Theuth, dio inventore dell’alfabeto, e Thamus, re di un’antica città dell’Egitto. Dal libro del Fedro leggiamo: Theuth venne presso il re, gli rivelò le sue arti dicendo che esse dovevano esser diffuse presso tutti gli Egiziani […] Su ciascuna arte, dice la storia, Thamus aveva molti argomenti da dire a Theuth sia contro che a favore […] Ad un certo punto giunsero all’alfabeto: “Questa scienza, o re – disse Theuth – renderà gli Egiziani più sapienti e arricchirà la loro memoria perché questa scoperta è una medicina per la sapienza e la memoria”. E il re rispose: “O ingegnosissimo Theuth, una cosa è la potenza creatrice di arti nuove, altra cosa è giudicare qual grado di danno e di utilità esse posseggano per coloro che le useranno. E così ora tu, per benevolenza verso l’alfabeto di cui sei inventore, hai esposto il contrario del suo vero effetto. Perché esso ingenererà oblio nelle anime di chi lo imparerà: essi cesseranno di esercitarsi la memoria perché fidandosi dello scritto richiameranno le cose alla mente non più dall’interno di se stessi, ma dal di fuori, attraverso segni estranei. (Fedro, 274 c-276 a)
Questo racconto descrive in parole diverse proprio ciò che si è spiegato in precedenza: vediamo Theuth incarnare lo strumento o il “medicinale” che potrà cambiare le sorti dell’umanità e, allo stesso tempo Thamus che, come il foglietto illustrativo, ci espone l’effetto opposto da prendere in considerazione: ossia una demenza generale causata da una dipendenza eccessiva dal nuovo strumento.
Va bene, ma se adesso abbiamo capito che gli antichi avevano compreso molto bene che cosa significhi il “giusto equilibrio”, siamo sicuri che oggigiorno tali principi vengono ancora tenuti a mente? Se ci riferiamo ai farmaci, sicuramente abbiamo fatto molti passi in avanti in merito al giusto utilizzo, ma se parliamo di smartphone e console per videogiochi, forse, qualcosa sembra esserci sfuggito. Già, non solo perché, come risponderebbero in molti, sono “nuovi” strumenti che ancora conosciamo poco, ma anche perché, come direbbe lo scienziato Henry Lai, siamo in presenza di vere e proprie “droghe invisibili” non più ricollegabili ad un’immagine che possa restituirci una misura più esatta della quantità di sicurezza individuata da Teofrasto. Infatti, come evidenzia lo studio del dipartimento di biochimica del Santosh Medical College: “ La dipendenza potrebbe avere una giustificazione nelle interazioni che le onde elettromagnetiche provocano nei neurotrasmettitori del sistema di ricompensa del cervello che è simile alla cocaina […] Infatti, Henry Lai, uno scienziato americano, scoprì che le onde elettromagnetiche aumentano l’attività delle endorfine cerebrali o oppioidi endogeni […] in generale, gli effetti delle onde elettromagnetiche degli smatphone sulla dipendenza implicano diversi processi biologici simili ad altri agenti, come alcune droghe psicoattive: alcol, oppiacei e benzodiazepine.” . (https://www.researchgate.net/publication/349072903)
Non a caso, tale fenomeno, anche conosciuto con il nome di elettrosmog, osservato biologicamente dallo scienziato, si traduce nell’obesità mediale dei nostri giorni dove giovani, apparentemente sani, passano giornate intere attaccati agli smartphone e, in casi più gravi, si ritrovano a non uscire per mesi, se non per anni andando a far accrescere i numeri del fenomeno dell’Hikikomori.
Ultimamente, proprio per accelerare tale condizione, la nuova moda è quella di creare contenuti molto corti, come gli short di Youtube o i video su TikTok che provocano sentimenti di angoscia inscrivibili nella cornice della nomofobia, come quelli spiegati da un commento di un utente su Youtube che ci confida: “Non so quante volte ho cercato di allontanarmi dai contenuti short di Youtube, ma ci sono sempre ricascato. Ti fa così tanto distrarre e per un tempo così lungo che fa male. Ho paura che svilupperemo una nuova forma di demenza…”
Ma come possiamo agire su tale catastrofe sociale? Se ricordiamo le parole di John Donne: “nessun uomo è un’isola” quindi nessuna reale dipendenza può essere isolata. Questo lo ricordò bene anche lo psicologo Bruce Alexander che, a seguito di esperimenti isolati sui topi, ideò le celebri serie di studi conosciuti con il nome di “Rat Park”. Infatti, il professore, decise di studiare la dipendenza tramite l’ausilio di due differenti ambienti. Inizialmente l’animale veniva posto da solo in una gabbia molto piccola dove le uniche fonti di sostentamento erano la morfina e l’acqua. A seguito di alcuni giorni si assisteva al comportamento già osservato dai precedenti esperimenti: assunzione della droga al posto dell’acqua, dipendenza, problemi di salute e morte. Ma l’esperienza non si concluse qui perché la genialità dello psicologo fu di trasferire il topo in un ambiente più grande, con altri topi e attrazioni. Qui, la cavia poteva scegliere ancora se assumere morfina oppure dell’acqua ma, inaspettatamente, si poté assistere al fatto che l’animale, in un ambiente più accogliente, si allontanava progressivamente dalla sostanza per ritornare a bere l’acqua e giocare con gli altri topi. Tale esperimento è anche spiegato tramite delle immagini tratte dal fumetto di Stuart McMillen tradotto in Italiano e disponibile gratuitamente online nel link che lasciamo in descrizione di questa puntata (https://www.stuartmcmillen.com/it/comic/il-parco-ratti/#page-1).
Quindi, con l’esperimento del Rat Park Con questo esperimento si arrivò all’importante conclusione che la dipendenza non è un fenomeno da studiare solo a livello biologico, bensì un comportamento da indagare, soprattutto, a livello sociale (Zinberg, 2020).
Potremo, quindi, salvarci da una società sempre più legata ai telefonini? Guardando questi studi forse ci viene più voglia di parlare e instaurare un rapporto con i giovani piuttosto di lasciarli in balia di uno strumento di cui ancora si conoscono poco gli effetti a lungo termine. Purtroppo, però, le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: se ci guardiamo attorno, per le strade, sui mezzi, in famiglia e insieme agli amici, ormai, si preferisce guardare uno smartphone anziché ascoltare e guardare una persona per comprenderla profondamente.
Per questo motivo proponiamo un gioco fatto di suoni, ma non un gioco qualunque. Tramite quest’ultimo, infatti, sarà possibile fare un percorso di consapevolezza di ciò che le nostre orecchie sono tenute ad ascoltare ogni giorno con o senza la nostra volontà.
“CAOS PURO”
BIBLIOGRAFIA
Eschotado A., Piccola storia delle droghe, Roma, Donzelli, 1997.
Falcinelli R., Critica al Visual Design, Einaudi, 2014.
Platone, Fedro, Editori Laterza, 2019
Zinberg N., Droga Set e Setting, Edizioni Gruppo Abele, 2020.
SITOGRAFIA
https://www.researchgate.net/publication/349072903
https://www.stuartmcmillen.com/it/comic/il-parco-ratti/#page-1
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