L’ingiustizia epistemica

Pierpaolo Bonante
Pierpaolo Bonante
L’ingiustizia epistemica
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Il Fenomeno del Cyberbullismo

Conduttore: Ciao a tutti e benvenuti a una nuova puntata. Io sono Alice. 

Co-conduttore: E io sono Giada, ciao a tutti e bentrovati.  

Conduttore: Oggi parleremo di un argomento molto importante: l’ingiustizia epistemica e la sua connessione con il fenomeno del cyberbullismo. Avremo con noi due ospiti, Federico Sbandi, Digital Strategist che ci parlerà del complesso fenomeno del cyberbullismo, e Marta, una ragazza vittima di ingiustizia epistemica che ci racconterà la sua esperienza in merito al cyberbullismo. Ma prima, diamo una definizione chiara di cosa sia l’ingiustizia epistemica.  

Co-conduttore: Dunque, per ingiustizia epistemica si intende una forma di trattamento ingiusto che influisce sul modo in cui le persone sono percepite e trattate in base alle loro conoscenze ed esperienze; o meglio, un modo di elaborare, trasmettere o condividere il sapere che svantaggia, discrimina o esclude in modo ingiusto determinate categorie di persone. Si tratta, quindi, di un vero e proprio torto fatto a qualcuno nella sua capacità in quanto conoscitore. Il modo di pensare di chi è vittima di ingiustizia epistemica viene marginalizzato in modo sistemico nella cultura in cui viviamo, questo perché molto spesso vi sono alcuni modi di pensare predominanti in un dato contesto.  (https://www.philosophie.ch/it/2022-05-24-giananti).

Conduttore: Esatto. Qui la domanda sorge spontanea, e cioè che connessione c’è tra l’ingiustizia epistemica e il cyberbullismo? Bene, il cyberbullismo in realtà può essere visto come una vera e propria estensione di questa ingiustizia, poiché chi subisce un’ingiustizia epistemica può diventare oggetto di attacchi nel contesto digitale, dove i cyberbulli possono abusare del potere dei social per diffondere disinformazione, odio e pregiudizi. A proposito di cyberbullismo, passiamo la parola a Federico Sbandi. Federico, so che lavori nel digitale da 8 anni, quindi conosci benissimo il mondo di Internet e tutti i suoi rischi; parlaci del cyberbullismo, puoi darci una definizione precisa a riguardo?  

Federico Sbandi (Audio di 00:01:50):

00:00:25 – Così come il mondo anche internet è un luogo complesso, e lo è soprattutto per i più giovani, che avendo un’identità meno consolidata, sono un pochino più suscettibili ad alcune dinamiche del web. Pensiamo al cyberbullismo, cioè al bullismo in rete. Secondo l’Osservatorio in Difesa, che ha realizzato la più grande indagine in Italia su bullismo e cyberbullismo, il 61% dei ragazzi sotto i 21 anni ha subito letteralmente almeno una volta nella vita un caso di bullismo. Parliamo di praticamente due ragazzi su tre. E vedete, qualora non sapessimo tecnicamente cos’è il cyberbullismo, il Ministero dell’Istruzione ci ha fornito una definizione che dal mio punto di vista è molto calzante. Il cyberbullismo è letteralmente l’insieme di azioni aggressive realizzate mediante strumenti elettronici che hanno un grande obiettivo, che è quello di provocare un danno a un coetaneo incapace di difendersi. È una definizione che sposo per due motivi. Uno, perché c’è una componente di attacco, di aggressione nei confronti delle persone; e secondo, perché punta anche il dito contro l’incapacità di difendersi di molti ragazzi. Vedete, il paradosso è che ad oggi il modo in cui stiamo concependo di risolvere questo problema è illudendoci che un giorno potremmo improvvisamente estirpare il cyberbullismo e che quindi in qualche modo il web diventi un posto magico e incantato e perfetto che è un paradosso perché non mi pare che siamo riusciti a fare la stessa identica cosa con il mondo offline non mi pare che siamo riusciti a estirpare il bullismo dalla realtà delle cose la mia idea, la mia umile idea è che oltre a provare a rendere il web un posto più sicuro, dovremmo soprattutto provare a rendere i ragazzi un pochino più forti. Perché è molto più facile lavorare sul carattere della singola persona che non provare a cambiare il mondo tutto insieme, tutto in una volta. – 00:02:15 (https://www.youtube.com/watch?v=aOlJ7dXOxzg

Conduttore: Quindi, secondo te qual è il modo più appropriato di reagire in situazioni del genere?

Federico Sbandi (Audio di 00:01:16):

00:03:10 – C’è un istituto americano che si chiama Comparitech che nel 2020 ha fatto un’indagine sul rapporto tra genitori e digitale. E letteralmente quello che è venuto fuori è che il 43% dei genitori i cui figli hanno subito in qualche modo un atto di cyberbullismo, sapete come hanno reagito, sapete come sono intervenuti i genitori? Prendendo il cellulare dei figli, entrando nei loro canali social e bloccando tutti quelli che in qualche modo erano risultati una fonte negativa di interazione nei confronti dei loro figli. Che è una reazione estrema ma a volte accettabile, ma non sempre. Perché nel mondo offline, nella realtà fisica delle cose, quella che tutti viviamo, non funziona così. Punto primo, se non capisci il distinguo, il confine tra un attacco online e una semplice discussione critica, tenderai a bloccare tutto quello che non ti piace, anche se in realtà potresti andare avanti nell’argomentazione. Ma soprattutto nel mondo offline noi non possiamo bloccare le persone. Se c’è qualcosa di negativo con cui io devo interloquire, interagire, mi devo confrontare con la negatività, io non posso bloccare le persone. Ed è per questo che in teoria ai ragazzi insegniamo, soprattutto nel mondo offline, ad argomentare le loro tesi. E in generale anche a rispondere a eventuali insulti verbali provando a difendersi. Provando a difendersi, perché a un certo punto ti devi difendere. – 00:04:26 (https://www.youtube.com/watch?v=aOlJ7dXOxzg

Conduttore: Quindi è importante promuovere una cultura online che valorizzi il rispetto e l’inclusione, dove le differenze vengono celebrate anziché ridicolizzate. Detto ciò, passiamo la parola a Marta, che ci racconterà la sua esperienza con il cyberbullismo, in quanto vittima di ingiustizia epistemica. Marta, puoi presentarti e condividere con noi la tua esperienza? 

Marta: Certamente. Sono Marta e sono affetta da disturbo dello spettro autistico. La mia mente pensa in termini visuali, quindi lavora principalmente attraverso le immagini e le sensazioni, piuttosto che attraverso le parole. Questo modo di pensare mi rende unica, ma allo stesso tempo mi fa sentire isolata in un mondo in cui predomina il linguaggio verbale. Molto spesso sono travolta da un flusso di pensieri visivi e quando questo succede cerco di condividere le mie sensazioni e le mie idee sul mio profilo social; ma purtroppo il mio modo di comunicare viene frainteso e non capito appieno. Per questo motivo, qualche anno fa ho iniziato a ricevere commenti negativi e derisori sotto i miei post, sono stata presa di mira da persone che non capivano il mio modo di comunicare, hanno iniziato a chiamarmi strana, a insultarmi perché incapace di comprendere il mondo reale. È stato un periodo molto difficile per me perché con il passare del tempo continuavano ad arrivare sempre più messaggi offensivi e minacciosi, per questo motivo mi sono sentita sbagliata, come se nessuno potesse capire chi sono veramente. Quella che ho subito è una vera e propria forma di discriminazione, basata sulla mancanza di comprensione. Mi sono sentita sola e giudicata ingiustamente. (Pezzano, 2024, pag.273-275).

Conduttore: Mi dispiace molto Marta, è terribile. Come hai affrontato questa situazione? 

Marta: Fortunatamente, ho conosciuto delle persone che hanno vissuto la mia stessa esperienza e nelle quali ho trovato conforto. Mi sono sentita finalmente compresa e sostenuta. Mi sento di dare un consiglio a chi ci sta ascoltando, e cioè che nel mondo esistono tanti modi di pensare e non per questo vanno ignorati e screditati, piuttosto bisogna guardare oltre e vedere la diversità non come ostacolo ma come risorsa. 

Co-conduttore: Hai lanciato un messaggio molto importante alle persone che ci stanno seguendo in questo momento, grazie per aver condiviso con noi la tua storia. 

Marta: Grazie a voi per avermi dato l’opportunità di raccontarla.

Conduttore: In questa puntata abbiamo potuto vedere come l’ingiustizia epistemica può verificarsi anche in contesti digitali, portando così al cyberbullismo; questo richiede azioni concrete e un impegno collettivo per combatterlo. La storia di Marta dovrebbe insegnarci a riconoscere il diritto di essere ascoltati e che in questi casi parlare è davvero la cosa giusta da fare. Ricordate, date potere alla parola. Ci tengo a ringraziare entrambi i nostri ospiti per il loro intervento e grazie a voi per averci ascoltato. La puntata di oggi finisce qui.

BIBLIOGRAFIA

Pezzano G., D1git4l-m3nte. Antropologia filosofica e umanità digitale, Milano FrancoAngeli, 2024

SITOGRAFIA

https://youtu.be/aOlJ7dXOxzg

https://www.philosophie.ch/it/2022-05-24-giananti

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